Un italiano su 3 capisce solo frasi brevi e semplici

AGI – In Italia le competenze cognitive degli adulti, stabili negli ultimi dieci anni, continuano ad essere lontane dai risultati medi Ocse in ‘literacy’, ‘numeracy’ e ‘adaptive problem solving’: in particolare, in literacy il 35% dei 16-65enni (la media Ocse è 26%) ottiene un punteggio pari o inferiore al livello 1, quello che indica la capacità di comprendere testi brevi ed elenchi organizzati, quando le informazioni sono indicate chiaramente.
 
Le persone che non raggiungono il livello 1 – più di una su tre – sono in grado di comprendere, al massimo, frasi brevi e semplici, sono in pratica in una condizione di ‘analfabetismo funzionale’. È quanto emerge dall’Indagine sulle competenze degli adulti (Survey of Adult Skills) realizzata nell’ambito del Programma dell’Ocse per la valutazione internazionale delle competenze degli adulti (Programme for the international assessment of adult competencies, Piaac).
 
Il secondo ciclo (edizione) dell’indagine è stato condotto l’anno scorso in 31 Paesi ed economie del mondo; in Italia l’indagine è stata realizzata dall’Inapp su incarico del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In numeracy, il 35% degli adulti (media Ocse 25%) ha un punteggio pari o inferiore al livello 1 (chi è al di sotto è in grado di sommare e sottrarre solo numeri piccoli) mentre nel problem solving adattivo è il 46% degli adulti (media Ocse 29%) ad avere un punteggio pari o inferiore al livello 1 (chi è al di sotto sa risolvere solo problemi molto semplici).
 
Considerando in modo congiunto i tre domini, in Italia ha un punteggio pari o inferiore al livello 1 il 26% degli adulti in Italia. Sui risultati del nostro Paese pesano gli ampi divari interni determinati per lo più dal territorio, dall’età, dal livello di istruzione e dal genere. I residenti nel Nord e nel Centro d’Italia riescono spesso a raggiungere punteggi di competenza pari a quelli della media Ocse, al contrario di quanto accade nel Mezzogiorno che presenta valori sempre significativamente inferiori alla media italiana e conseguentemente a quella Ocse. Le persone di 55-65 anni mostrano i valori di competenza piu’ bassi opponendosi ai giovani di 16-24 anni.
 
Nel dettaglio, le competenze cognitive rilevate tramite l’indagine sono espresse in punteggi da 0 a 500. Nelle competenze di literacy il punteggio medio degli adulti italiani e’ pari a 245, contro una media Ocse di 260: dopo l’Italia, vengono solamente Israele, Lituania, Polonia, Portogallo e Cile. Nelle competenze di numeracy il punteggio italiano è di 244, rispetto ai 263 nella media Ocse: in questo caso il nostro Paese si colloca al quartultimo posto, seguito solo da Polonia, Portogallo e Cile. Nelle competenze di problem solving adattivo la media italiana è di 231, a fronte di una media Ocse di 251: per questo dominio, solo Lituania, Polonia e Cile conseguono punteggi più bassi dei nostri.
 
Uno dei migliori risultati raggiunti dal nostro Paese, specialmente in ottica prospettica, riguarda la popolazione giovanile, risorsa scarsa in un Paese con uno dei più alti tassi di invecchiamento al mondo. I 16-24enni in Italia raggiungono punteggi di competenze superiori al resto della popolazione e, nel caso della numeracy, anche dei giovani di 25-34 anni. Il divario di competenze tra 16-24enni e 55-65enni, in termini di valori medi, è sempre evidente qualsiasi sia il dominio preso in esame: ciò che si osserva nel caso italiano è una notevole perdita di competenze all’avanzare dell’eta’, ma con un buon bagaglio di partenza.
 
Gli uomini continuano ad avere migliori risultati delle donne in numeracy, mentre non vi sono differenze di genere in literacy e problem solving adattivo. Nel nostro Paese, tra l’altro, la differenza di genere in numeracy aumenta, sempre a sfavore delle donne, quando le analisi sono circoscritte alle sole persone con istruzione terziaria, ma si annulla se si considerano solo gli adulti con un titolo di studio terziario in percorsi Stem, vale a dire in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche.
 
La ridotta quota di donne con titoli Stem – che conferma le scelte selettive delle donne dettate da stereotipi culturali – pone ostacoli al raggiungimento della parità di genere nelle competenze di numeracy, ma anche alla crescita complessiva delle competenze del Paese.

Google presenta Gemini 2.0, l’IA che usa il computer da sola

AGI – Google ha annunciato l’arrivo di Gemini 2.0, una nuova famiglia di modelli di intelligenza artificiale generativa (IA), che dovrebbe consentire di creare ‘agenti IA’ in grado non solo di rispondere alle domande degli utenti, ma anche di svolgere compiti in modo autonomo. “Questo è solo l’inizio”, ha assicurato a X Demis Hassabis, capo del laboratorio di intelligenza artificiale di Google, DeepMind, e vincitore del Premio Nobel per la chimica. “Il 2025 sarà l’anno degli agenti IA”, ha previsto.
 
Dal lancio di ChatGPT da parte di OpenAI due anni fa, i colossi tech sono stati impegnati in una corsa per modelli di intelligenza artificiale generativa sempre più efficienti, producendo tesi di laurea, inviti, contratti, illustrazioni, video artistici o pubblicitari on demand. Ma il Santo Graal della Silicon Valley sono ormai gli “agenti”, quando la macchina diventa una sorta di segretaria onnisciente, disponibile a tutte le ore e capace di svolgere numerosi compiti, dai messaggi da inviare allo shopping online. Si tratta di programmi autonomi progettati per svolgere compiti, prendere decisioni e interagire con ambienti diversi con un intervento umano minimo. 
 
Secondo il capo di Google Sundar Pichai, Gemini 2.0 deve aprire “una nuova era” di intelligenza artificiale generativa, che semplificherà direttamente la vita quotidiana degli utenti. “Gemini 2.0 è la capacità di rendere le informazioni molto più utili”, ha spiegato in una nota sul blog che annuncia Gemini 2.0, sottolineando la capacità del nuovo modello di comprendere un contesto, anticipare e prendere decisioni, “sotto la tua supervisione”.
 
Gli utenti di Gemini possono ora testare Gemini 2.0 Flash, uno dei modelli della nuova famiglia, mentre una versione sperimentale e multimodale è stata resa disponibile agli sviluppatori. Alcuni hanno già pubblicato video che mostrano le loro interazioni con il servizio. La multimodalità consente, ad esempio, di mostrare oggetti all’intelligenza artificiale, che può analizzarli e rispondere a domande su di essi, in tempo reale e oralmente.
 
Demis Hassabis ha precisato che, grazie a Gemini 2.0, i suoi team stanno facendo progressi su diversi progetti. In particolare “Project Astra, la nostra visione per un assistente AI universale”, “Project Mariner” per migliorare le interazioni tra esseri umani e agenti digitali e “Jules”, uno strumento per programmatori.

Nasce It-Wallet, il portafoglio digitale. Quali documenti caricare e come

AGI – Si tratta a tutti gli effetti di un portafoglio (wallet, per l’appunto in inglese) ma digitale. Da oggi sull’appIO sarà infatti possibile caricare alcuni documenti che saranno così dematerializzati, pur mantenendo lo stesso identico valore di quelli fisici (potranno, per intenderci, essere mostrati ad un pubblico ufficiale). 
Lo strumento sarà completamente operativo entro il 2025 per tutta la popolazione (circa 44,5 milioni di persone considerando che possono accedervi solo i cittadini che hanno compiuto i 18 anni d’età).
Un primo test è già stato effettuato da un gruppo ristretto della popolazione. Le prime 50 mila persone sono state selezionate per “testare” il servizio lo scorso 23 ottobre. Quota salita a 250 mila il 6 novembre e, infine, a un milione per il 20 novembre. Entro il 2026 poi IT Wallet sarà poi integrato al portafoglio digitale europeo (Eudi Wallet) e sarà utilizzabile in tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Va ribadito che non si tratta di uno strumento obbligatorio e che i cittadini restano liberi di continuare a usare esclusivamente i documenti fisici.
Quali documenti si possono inserire?
Per inserire i documenti (ed averli sempre a disposizione in versione digitale ma con la stessa validità di quelli fisici) è sufficiente utilizzare l’appIO e aggiungerli al Portafoglio. Per il momento è possibile aggiungere solo tre documenti:

Patente di guida,
Tessera Sanitaria 
Carta Europea della Disabilità.

E’ sufficiente autorizzare l’inserimento e sarà poi la app a contattare l’ente emittente del documento per i controlli necessari. 

La redazione di AGI ha testato l’iter di inserimento e se per la patente di guida non c’è stato alcun problema, per la tessera sanitaria ci sono stati alcuni intoppi dettati forse dal numero elevato di domande in corso.
Va ricordato che la versione digitale dei documenti può essere utilizzata per il momento solo in Italia con pieno valore legale. Si potrà quindi mostrare la patente digitale alle forze dell’ordine in caso di controllo stradale o si potrà mostrare la tessera sanitaria in farmacia per l’acquisto di farmaci o la prenotazione di visite. Ma per il momento solo all’interno del territorio nazionale.

“Dopo due anni di lavoro costante e discreto, il governo ha mosso il primo passo verso la realizzazione del Sistema IT-Wallet, una rivoluzione digitale che ho fortemente sostenuto fin dal mio insediamento e che andrà a regime nel 2025 – ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’innovazione tecnologica Alessio Butti – Con l’introduzione dell’IT-Wallet, e anticipando i tempi del regolamento europeo EIDAS 2, l’Italia intraprende un percorso ambizioso verso l’evoluzione dei servizi digitali. Questo strumento offrirà ai cittadini nuove opportunità per l’utilizzo della loro identità digitale, garantendo al tempo stesso massima sicurezza e tutela dei dati personali”. 
 
I prossimi step verso la digitalizzazione dei documenti prevederanno l’integrazione del sistema con il portafoglio europeo (Eudi Wallet) con l’estensione anche al passaporto, certificato di nascita e tessera elettorale. L’intero progetto avrà un costo per lo Stato di poco superiore ai 300 milioni di euro per il triennio 2024-2026.
 
 

Oltre l’89% degli italiani oggi usa Internet

AGI – Nell’ultimo anno si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali in un anno), mostrando una forte sovrapposizione con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e i social network (82,0%). È quanto si legge nel 58esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese diffuso oggi. Il breve e intenso periodo tra il 2019 (l’anno prima della pandemia) e il 2023 ha segnato l’affermazione definitiva del paradigma biomediatico in tutti gli strati della società: ormai anche i tre quarti delle persone anziane e i quattro quinti dei soggetti meno istruiti hanno familiarità con strumenti connessi in rete. Complessivamente, la fruizione della televisione rimane pressoché stabile, passando dal 95,1% di utenza nel 2022 al 95,9% nel 2023, con la tv tradizionale (il digitale terrestre) che registra un +0,9% di telespettatori rispetto all’anno precedente, una crescita dell’utenza della tv satellitare (+2,1%), un forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv salgono al 56,1% di utenza, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi. Anche la radio mantiene complessivamente la sua utenza grazie ai processi di ibridazione dei diversi vettori, analogici e digitali.
 
I radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). In particolare, mentre la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un calo, passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, ritornando ai livelli antecedenti alla pandemia. E i fruitori di podcast online sono il 10,1% degli italiani. Per i media a stampa, si legge nel rapporto, si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni).  Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%). Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono: sono il 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione generici (il 58,1% come gia’ nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011).
 
 

 
 
Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono volumi cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno, ma -13,6% rispetto al 2007) e il 5,3% utilizza gli audiolibri. I lettori di fumetti e graphic novel sono l’8,0%. La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che rimangono stabili al 12,7% degli italiani (-0,6% in un anno). Tra i giovani (14-29 anni) si registra un consolidamento nelle abitudini di impiego delle piattaforme online. Il 93,0% utilizza WhatsApp, il 79,3% YouTube, il 72,9% Instagram, il 56,5% TikTok. In lieve flessione, oltre a Facebook (passato dal 51,4% di utenti in questa fascia d’eta’ nel 2022 al 50,3%), anche Spotify (dal 51,8% al 49,6%) e X/Twitter (dal 20,1% al 17,2%). Gli utenti di Telegram diminuiscono dal 37,2% del 2022 al 26,3%, quelli di Snapchat dal 23,3% all’11,4%, LinkedIn si attesta al 9,6%. 

Chip cerebrali per permettere ai paraplegici di muoversi. Al via i test di Neuralink

AGI – Neuralink, la società di neurotecnologie fondata nel 2016 dal magnate Elon Musk, ha annunciato di aver ricevuto dalle autorità Usa l’autorizzazione a testare una tecnologia che consente alle persone paraplegiche di controllare un braccio robotico con il pensiero. “Questo è un primo passo importante verso il recupero non solo della libertà digitale, ma anche della libertà fisica”, ha affermato l’azienda in una nota.
Lo scorso 29 gennaio, la società aveva annunciato di aver impiantato il suo primo chip cerebrale in un essere umano, nove mesi dopo il via libera della Food and Drug Administration all’inizio degli esperimenti su esseri umani. Solo una settimana fa Neuralink ha ricevuto l’autorizzazione a lanciare la prima sperimentazione dei suoi impianti cerebrali in Canada.
Il test è stato aperto a persone con tetraplegia causata da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o da lesioni del midollo spinale cervicale. 

Stare troppo tempo seduti danneggia la salute del cuore, anche per le persone più attive

AGI – Il troppo tempo trascorso seduti o sdraiati durante il giorno può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, CVD, e morte, anche per le persone più attive fisicamente. Lo rivela uno studio guidato da Shaan Khurshid, cardiologo presso il Massachusetts General Hospital, pubblicato su JACC, la rivista di punta dell’American College of Cardiology, e presentato alle Scientific Sessions 2024 dell’American Heart Association.
 
Più di circa dieci ore e mezza di comportamento sedentario al giorno sono state associate a futuri casi di insufficienza cardiaca, HF, e morte cardiovascolare, CV, anche tra le persone che soddisfano i livelli di esercizio raccomandati dalle linee guida. “I nostri risultati supportano la riduzione della sedentarietà per ridurre il rischio cardiovascolare, con 10,6 ore al giorno che segnano una soglia potenzialmente fondamentale legata a un’insufficienza cardiaca e a una mortalità cardiovascolare più elevate – ha affermato Khurshid -. Troppo tempo seduto o sdraiato può essere dannoso per la salute del cuore, anche per chi è attivo”.
 
L’esercizio insufficiente è un noto fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, CVD. Le attuali linee guida raccomandano oltre 150 minuti di attività fisica da moderata a intensa a settimana per promuovere la salute del cuore. Tuttavia, gli esperti dello studio ritengono che l’esercizio sia solo una piccola frazione dell’attività giornaliera complessiva e le attuali linee guida non forniscono indicazioni specifiche sul comportamento sedentario che rappresenta una porzione molto più ampia dell’attività quotidiana, nonostante le prove che sia direttamente collegato al rischio di CVD.
 
Lo studio ha esaminato la quantità di tempo sedentario in cui il rischio di malattie cardiovascolari è maggiore e ha esplorato come il comportamento sedentario e l’attività fisica insieme influiscano sulle probabilità di fibrillazione atriale, FA, insufficienza cardiaca, SC, infarto del miocardio, IM, e mortalità cardiovascolare. Tra gli 89.530 partecipanti allo studio della biobanca britannica, l’età media era di 62 anni e il 56,4% erano donne. I partecipanti hanno inviato dati da un accelerometro triassiale indossato al polso che ha catturato il movimento per sette giorni.
 
Il tempo medio di sedentarietà al giorno era di 9,4 ore. Dopo un follow-up medio di otto anni, rispettivamente 3.638 individui, il 4,9%, hanno sviluppato FA incidente, 1.854, il 2,1%, hanno sviluppato HF incidente, 1.610, l’1,84%, hanno sviluppato infarto miocardico grave e 846, lo 0,94%, sono morti per cause cardiovascolari. Gli effetti del tempo sedentario variavano a seconda dell’esito. Per FA e MI, il rischio aumentava costantemente nel tempo senza grandi cambiamenti. Per HF e mortalità CV, l’aumento del rischio era minimo fino a quando il tempo sedentario non superava circa 10,6 ore al giorno, punto in cui il rischio aumentava in modo significativo, mostrando un effetto “soglia” per l’insorgenza delle patologie cardiache.
 
Nei partecipanti allo studio che hanno svolto almeno 150 minuti di attività fisica moderata o intensa, gli effetti del comportamento sedentario sui rischi di FA e infarto miocardico sono stati notevolmente ridotti, ma le conseguenze su un rischio più elevato di scompenso cardiaco e mortalità cardiovascolare sono rimaste evidenti. “Le linee guida future e gli sforzi per la salute pubblica dovrebbero sottolineare l’importanza di ridurre il tempo sedentario – ha affermato Khurshid -. Evitare più di 10,6 ore al giorno potrebbe essere un obiettivo minimo realistico per una migliore salute cardiaca.
 
“L’uso di accelerometri indossabili ha dimostrato che l’esercizio fisico è notevolmente sovrastimato dalle autodichiarazioni, mentre il comportamento sedentario è sottostimato”, ha commentato Charles Eaton, direttore del Dipartimento di medicina di famiglia della Brown University. “Sostituire solo 30 minuti di eccessivo tempo sedentario, ogni giorno, con qualsiasi tipo di attività fisica può ridurre i rischi per la salute cardiaca”, ha proseguito Eaton.
 
“Aggiungere attività da moderata a intensa ha ridotto il rischio di HF del 15% e la mortalità CV del 10%, e persino un’attività leggera ha fatto la differenza riducendo il rischio di HF del 6% e la mortalità CV del 9% – ha dichiarato Harlan M. Krumholz,  professore alla Yale School of Medicine e caporedattore di JACC -. Questo studio si aggiunge alle crescenti prove di un forte legame tra comportamento sedentario e salute cardiovascolare. I risultati suggeriscono fortemente che dobbiamo far muovere le persone per promuovere una salute migliore”.
 
Ci sono diverse limitazioni dello studio, tra cui l’impossibilità di conoscere i dettagli su dove o perché le persone sono sedute o sdraiate per lunghi periodi, come sul posto di lavoro, il che potrebbe avere impatti diversi sui rischi CV. Gli accelerometri indossati al polso sono imperfetti nel rilevare la postura e quindi potrebbero classificare erroneamente il tempo trascorso in piedi come tempo sedentario.
 
Un periodo di monitoraggio più lungo potrebbe, secondo i ricercatori, fornire dati più accurati sulle abitudini e sui modelli di attività. Altri limiti includono la possibilità di fattori confondenti nei risultati dello studio, errori di selezione, l’incapacità di misurare gli effetti reali della riallocazione del tempo sedentario ad altre attività e le differenze tra i dati degli accelerometri indossati al polso rispetto a quelli degli accelerometri indossati alla coscia. 

Desalinizzare l’acqua con l’energia solare, ora è possibile

AGI – Un sistema di desalinizzazione che funziona a energia solare senza bisogno di batterie aggiuntive: questo il risultato del lavoro di un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) che ha pubblicato i propri risultati su Nature Water. Il sistema rimuove il sale dall’acqua a un ritmo che segue da vicino i cambiamenti nella disponibilità dell’energia solare. Man mano che la luce solare aumenta durante il giorno, il sistema accelera il suo processo di desalinizzazione e si adatta automaticamente a qualsiasi variazione improvvisa della luce solare, ad esempio rallentando in risposta a una nuvola di passaggio o accelerando quando il cielo si schiarisce.
 
Poiché il sistema può reagire rapidamente a sottili cambiamenti della luce solare, ne massimizza l’utilità producendo grandi quantità di acqua pulita. A differenza di altri progetti di desalinizzazione alimentati a energia solare, il sistema MIT non richiede batterie extra per l’accumulo di energia, nè un’alimentazione supplementare, come quella dalla rete. Gli ingegneri hanno testato un prototipo su pozzi di acqua sotterranea nel New Mexico per sei mesi, lavorando in condizioni meteorologiche variabili. Il sistema ha sfruttato in media oltre il 94 percento dell’energia elettrica generata dai pannelli solari per produrre fino a 5.000 litri di acqua al giorno nonostante le grandi oscillazioni meteorologiche.
 
“Le tecnologie di desalinizzazione convenzionali richiedono una potenza costante e necessitano di accumulo di batterie per livellare una fonte di energia variabile come quella solare. Variando continuamente il consumo di energia in sincronia con il sole, la nostra tecnologia utilizza direttamente ed efficientemente l’energia solare per produrre acqua”, afferma Amos Winter, direttore del K. Lisa Yang Global Engineering and Research (GEAR) Center al MIT. “Essere in grado di produrre acqua potabile con fonti rinnovabili, senza richiedere l’accumulo di batterie, era una sfida enorme. E ce l’abbiamo fatta”.
 
Il sistema è orientato alla desalinizzazione delle falde acquifere salmastre, una fonte di acqua salata che si trova in bacini sotterranei. I ricercatori vedono le falde acquifere salmastre come un’enorme fonte inutilizzata di potenziale acqua potabile, in particolare perché le riserve di acqua dolce sono sotto stress in alcune parti del mondo.
 
“La maggior parte della popolazione vive in realtà abbastanza lontano dalla costa, e la desalinizzazione dell’acqua di mare non potrebbe mai raggiungerli. Di conseguenza, dipendono molto dalle falde acquifere, soprattutto nelle regioni remote e a basso reddito. E sfortunatamente, queste falde acquifere stanno diventando sempre più saline a causa del cambiamento climatico”, afferma Jonathan Bessette, studente di dottorato in ingegneria meccanica al MIT. “Questa tecnologia potrebbe portare acqua pulita sostenibile e conveniente in luoghi poco raggiunti in tutto il mondo”. 

Le smart TV ‘spiano’ ciò che gli utenti guardano più volte al secondo

AGI – I modelli di smart TV più diffusi, prodotti da Samsung e LG, sembrano spiare le abitudini visive degli utenti: sono in grado di scattare più istantanee di ciò che un individuo sta guardando più volte al secondo, anche quando vengono utilizzati come display esterni per il computer portatile o la console per videogiochi. Lo rivela uno studio guidato da Yash Vekaria, dell’università della California, Davis, riportato su ‘arXiv’. I produttori di smart TV utilizzano questi frequenti screenshot, così come le registrazioni audio, nei loro sistemi di riconoscimento automatico dei contenuti, che tracciano le abitudini di visione per indirizzare le persone con pubblicità specifiche. Ma, i ricercatori hanno dimostrato che questo tracciamento da parte di alcuni dei marchi di smart TV più famosi al mondo – i televisori Samsung possono effettuare screenshot ogni 500 millisecondi e i televisori LG ogni 10 millisecondi – può verificarsi anche quando le persone non se lo aspettano.
 
“Quando un utente collega il proprio computer portatile via HDMI solo per navigare su uno schermo più grande, utilizzando il televisore come display ‘muto’, non si aspetta che la sua attività venga screenshottata”, ha detto Vekaria. Gli scienziati hanno collegato le smart TV di Samsung e LG al proprio server informatico che, in quanto dotato di software per l’analisi del traffico di rete, fungeva da intermediario per vedere quali istantanee visive o dati audio venivano caricati dalle TV. I ricercatori hanno scoperto che le smart TV non sembravano caricare schermate o dati audio durante lo streaming di Netflix o di altre applicazioni di terze parti, il mirroring dei contenuti di YouTube trasmessi su un telefono o un laptop separato o quando erano inattive.
 
Tuttavia, le smart TV caricavano istantanee quando mostravano trasmissioni dall’antenna TV o contenuti da un dispositivo collegato via HDMI. I ricercatori hanno anche rilevato differenze specifiche per ogni Paese quando gli utenti trasmettevano in streaming il canale televisivo gratuito ad-supported fornito dalle piattaforme Samsung o LG. Tali attività degli utenti sono state caricate quando il televisore era in funzione negli Stati Uniti ma non nel Regno Unito. Secondo Vekaria, registrando le attività degli utenti anche quando provengono da computer portatili connessi, le smart TV potrebbero acquisire dati sensibili. Ad esempio, potrebbero registrare se le persone stanno navigando per prodotti per bambini o altri articoli personali.
 
Per i televisori Samsung e LG, i clienti possono scegliere di non effettuare questo tipo di tracciamento. La procedura richiede però che i clienti attivino o disattivino tra le sei e le undici opzioni diverse nelle impostazioni del televisore. “Questo e’ il tipo di tecnologia invasiva per la privacy che dovrebbe richiedere che le persone scelgano di condividere i loro dati con un linguaggio chiaro che spieghi esattamente a cosa stanno acconsentendo, e non con accordi iniziali di configurazione che le persone tendono a superare velocemente”, ha sottolineato Thorin Klosowski della Electronic Frontier Foundation, un’organizzazione no-profit per la privacy digitale con sede in California. 

Intelligenza artificiale, Casellati: “Elaborare nuovi e più raffinati paradigmi morali”

AGI/Vista – “Noi tutti percepiamo chiaramente che per comprendere e accompagnare, senza farsene travolgere, i radicali cambiamenti che l’Intelligenza artificiale propizierà occorre elaborare nuove categorie concettuali, nuovi e più raffinati paradigmi morali, nuove regole giuridiche capaci di segnare i limiti invalicabili alla applicazione dell’intelligenza artificiale. Via via che cresceranno gli ambiti di impiego dell’Intelligenza artificiale, emergeranno nuove inedite questioni giuridiche ed etiche”. Lo ha detto il ministro per le Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa, Elisabetta Casellati, alla cerimonia di apertura del IX corso-concorso di formazione dirigenziale della Scuola nazionale dell’amministrazione, alla Camera. Camera Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

L’Intelligenza Artificiale può imparare pensando come gli esseri umani

AGI – Anche l’intelligenza artificiale, come gli esseri umani, è in grado di autocorreggersi e di giungere a nuove conclusioni attraverso l'”apprendimento tramite il pensiero”. Lo rivela una ricerca guidata da Tania Lombrozo, docente di psicologia e co-direttrice dell’iniziativa Natural and Artificial Minds dell’Universita’ di Princeton, riportata su sulla rivista Trends in Cognitive Sciences. “Ci sono alcune recenti dimostrazioni di ciò che sembra un apprendimento tramite il pensiero nell’IA, in particolare nei modelli linguistici di grandi dimensioni”, ha detto Tania Lombrozo.
 
“A volte ChatGPT si corregge da solo senza che gli venga detto esplicitamente; questo è simile a ciò che accade quando le persone sono impegnate ad apprendere pensando”, ha continuato Lombrozo. Lo studio ha identificato quattro esempi di apprendimento tramite il pensiero negli esseri umani e nell’IA: chi impara può acquisire nuove informazioni senza input esterni attraverso spiegazioni, simulazioni, analogie e ragionamenti. Negli esseri umani, spiegare a un bambino come funziona un microonde può rivelare le nostre lacune di comprensione.
 
Riordinare i mobili in salotto spesso comporta la creazione di un’immagine mentale per simulare diverse disposizioni prima di apportare qualsiasi modifica fisica. Scaricare software pirata può inizialmente sembrare moralmente accettabile, finché non si fa un’analogia con il furto di beni fisici. Se si sa che il compleanno di un amico cade in un giorno bisestile e che domani è un giorno bisestile, si può pensare che il compleanno dell’amico sia domani.
 
L’intelligenza artificiale mostra processi di apprendimento simili. Quando si chiede di approfondire un argomento complesso, l’intelligenza artificiale può correggere o perfezionare la sua risposta iniziale in base alla spiegazione fornita. L’industria dei giochi utilizza motori di simulazione per approssimare i risultati del mondo reale e i modelli possono utilizzare i risultati delle simulazioni come input per l’apprendimento.
 
Chiedere a un modello linguistico di tracciare analogie può portarlo a rispondere alle domande in modo più accurato di quanto non farebbe con semplici domande. Se si chiede all’intelligenza artificiale di ragionare passo dopo passo, si possono ottenere risposte che non si riuscirebbero a ottenere con una domanda diretta. “Questo pone la questione del perché sia le menti naturali che quelle artificiali abbiano queste caratteristiche”, ha evidenziato Lombrozo.
 
“Sostengo che l’apprendimento tramite il pensiero sia una sorta di ‘apprendimento su richiesta'”, ha aggiunto Lombrozo. Quando si impara qualcosa di nuovo, non si sa come l’informazione possa servire in futuro. Lombrozo sostiene che le persone possono mettere da parte le conoscenze per un secondo momento, fino a quando il contesto non le rende rilevanti e vale la pena spendere lo sforzo cognitivo per pensare e imparare. Lombrozo riconosce le difficoltà nel definire i confini tra ragionamento, apprendimento e altre funzioni cognitive di alto livello, un’area di dibattito nel campo delle scienze cognitive. La revisione solleva anche altre domande, alcune delle quali Lombrozo intende approfondire, come ad esempio se i sistemi di IA stiano effettivamente “pensando” o semplicemente imitando i risultati di tali processi.
 
“L’intelligenza artificiale è arrivata al punto in cui è così sofisticata sotto certi aspetti, ma limitata sotto altri, che abbiamo l’opportunita’ di studiare le somiglianze e le differenze tra l’intelligenza umana e quella artificiale”, ha affermato Lombrozo. “Possiamo imparare cose importanti sulla cognizione umana attraverso l’IA e migliorare l’IA confrontandola con le menti naturali”, ha proseguito Lombrozo. “E’ un momento cruciale in cui ci troviamo in questa nuova posizione per porre queste interessanti domande comparative”, ha concluso Lombrozo. (AGI)Sci/Adv

Perché internet fa così paura a mamma e papà

AGI – L’era della digitalizzazione ha portato innumerevoli vantaggi, ma con essa sono emerse anche nuove sfide e preoccupazioni, soprattutto quando si tratta della sicurezza dei più giovani online. Hearts & Science, agenzia di comunicazione di Omnicom Media Group, ha deciso di dare voce a queste preoccupazioni con la ricerca Riprendiamoci l’Internet!, presentata nell’ambito del progetto Villa Futura, giunto quest’anno alla sua quarta edizione. La ricerca ha coinvolto genitori italiani tra i 18 e i 55 anni con figli dai 6 ai 17 anni e ha fatto emergere una realtà che non può più essere ignorata: la sicurezza online dei più giovani è una preoccupazione crescente e diffusa.
I numeri parlano chiaro: l’82% dei genitori italiani si dichiara preoccupato per la sicurezza online dei figli, con picchi tra i genitori di bambini più piccoli. Il 9% preferisce evitare del tutto l’uso di internet per i propri figli, soprattutto quelli tra i 6 e i 9 anni. Ma la vera spina nel fianco è la dipendenza dagli smartphone: il 60% dei genitori ritiene che i propri figli siano troppo attaccati ai dispositivi digitali, seguiti dalla paura per contenuti violenti o inappropriati, fake news e pericolose “sfide online”. Un sentimento di insicurezza pervade anche gli adulti, con il 65% dei genitori che non si sente a proprio agio mentre naviga.
Non è solo una questione di incertezza: molti genitori hanno già vissuto in prima persona situazioni spiacevoli o pericolose online, come furti di identità, cyberbullismo o truffe. L’esperienza negativa non risparmia neanche chi si considera un esperto digitale: gli “esperti” sono spesso i più esposti ai rischi, con una percentuale più alta di episodi di frodi online rispetto ai genitori meno digitalmente esperti. Tuttavia, è significativo che solo il 29% dei genitori abbia preso misure di protezione adeguate, legate unicamente a un aspetto “tecnico”, come l’uso di antivirus o la creazione di password sicure. Non è solo la sicurezza online a preoccupare: le patologie legate al digitale sono un altro fenomeno che sta emergendo con forza. 1 genitore su 3 ha già affrontato casi di dipendenza digitale o comportamenti come il phubbing (ignorare le persone reali in favore dello smartphone), la cyberchondria (cercare sintomi di malattie online in modo ossessivo) e il doomscrolling (scorrere compulsivamente notizie negative). Il ruolo delle scuole in questo contesto diventa sempre più cruciale. Quasi la metà dei genitori italiani crede che le scuole debbano assumere un ruolo attivo nell’educazione digitale dei ragazzi, insegnando loro come navigare in rete in modo sicuro e consapevole. La richiesta non riguarda solo le conoscenze tecniche, ma anche la sensibilizzazione verso fenomeni come il cyberbullismo, la privacy e la protezione dai contenuti dannosi. In definitiva, ciò che emerge dalla ricerca Riprendiamoci l’Internet! è una richiesta di maggiore consapevolezza, protezione e supporto, sia da parte dei genitori che delle istituzioni, per affrontare i rischi legati al web. Hearts & Science, con questo progetto, mette in luce un tema cruciale per il futuro delle nuove generazioni, sottolineando l’urgenza di educare i più giovani a un uso più sicuro e responsabile della rete.

Perchè i lockdown hanno invecchiato il cervello degli adolescenti

AGI – Le misure di contenimento per arginare la pandemia di Covid-19 potrebbero aver provocato serie conseguenze al cervello degli adolescenti, favorendone l’invecchiamento. Questo inquietante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati dell’Università di Washington. Il team, guidato da Patricia Kuhl, ha valutato la maturazione dell’organo cognitivo misurando lo spessore della corteccia cerebrale, lo strato esterno di tessuto nel cervello. La corteccia cerebrale si assottiglia naturalmente con l’età.
 
La letteratura scientifica dimostra che lo stress cronico e le avversità possono accelerare l’assottigliamento corticale, il che è stato associato a un maggiore rischio di sviluppare disturbi neuropsichiatrici e comportamentali. Durante la diffusione del nuovo coronavirus, i governi di tutto il mondo hanno implementato misure restrittive, come lockdown e chiusure scolastiche. È stato ampiamente documentato che questa interruzione delle routine quotidiane e delle attività sociali ha avuto un impatto negativo sulla salute mentale degli adolescenti.
 
Questa fascia di popolazione si trova infatti in un periodo di transizione, caratterizzata da cambiamenti drammatici nello sviluppo emotivo, comportamentale e sociale e dalla formazione del senso di autoidentità, autostima e autocontrollo. La carenza di interazioni sociali durante il Covid-19 ha portato a numerose segnalazioni di ansia, depressione e stress, soprattutto per le ragazze.
 
Nel nuovo lavoro, gli scienziati hanno dimostrato che i lockdown sono stati associati a una maturazione cerebrale insolitamente accelerata. In particolare, nelle ragazze è stata riscontrata una velocizzazione media di 4,2 anni, mentre nelle controparti maschili si è assistito a un incremento medio di 1,4 anni.
 
“Oltre agli aspetti di crisi sanitaria – commenta Kuhl – è importante considerare i profondi cambiamenti che la pandemia ha provocato a livello psicologico”. I ricercatori hanno coinvolto 160 adolescenti reclutati nel 2018, con l’obiettivo originale di valutare i cambiamenti nella struttura cerebrale durante l’adolescenza tipica. La coorte avrebbe dovuto tornare nel 2020, ma la pandemia ha posticipato i test di ripetizione fino al 2021. A quel punto, l’intento originale di studiare lo sviluppo tipico degli adolescenti non era più praticabile e gli autori hanno cercato di valutare l’impatto della pandemia attraverso gli effetti delle restrizioni sul cervello della coorte di studio. 
 
I ricercatori hanno elaborato un modello di assottigliamento corticale per gli anni dell’adolescenza, per poi confrontarlo con i dati ottenuti attraverso le scansioni. Dall’indagine è emerso un assottigliamento accelerato generale, più pronunciato e diffuso nelle femmine, in cui tutti i lobi ed entrambi gli emisferi sembravano interessati dal cambiamento. Nelle controparti maschili, l’effetto è stato osservato solo nella corteccia visiva. Gli studiosi ipotizzano che la distinzione possa dipendere dalle differenze nell’importanza dell’interazione sociale per le ragazze rispetto ai maschi.
 
“Gli adolescenti camminano in bilico – commenta Kuhl – cercando di trovare la via per le loro esistenze. Con la pandemia sono venuti meno i loro canali di rilascio dello stress, le interazioni sociali, le attività fisiche. Critiche e pressioni sociali, però, sono rimaste ben attive a causa dei social media. È improbabile che la corteccia cerebrale si ispessisca di nuovo, ma potremmo osservare segni di rallentamento del fenomeno grazie alla ripresa delle normali attività”.
 
“Il Covid-19 – conclude – ha fornito un banco di prova per la fragilità del cervello degli adolescenti. La nostra ricerca introduce una nuova serie di interrogativi su cosa significhi accelerare il processo di invecchiamento nell’organo cerebrale. Sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti per rispondere alle nuove domande che ancora riguardano la correlazione tra la pandemia e la salute delle diverse fasce di popolazione”.

 

 

Cosa manca all’Intelligenza Artificiale per superare il cervello umano

AGI – Gli esseri umani sono destinati a progettare un’intelligenza artificiale superiore, con capacità e velocità maggiori del cervello umano, una volta decifrato il ‘codice neurale’. È quanto affermato da Eitan Michael Azoff, specialista in analisi dell’IA, nel suo nuovo libro, ‘Towards Human-Level Artificial Intelligence: How Neuroscience can Inform the Pursuit of Artificial General Intelligencè. Qui Azoff sostiene che uno dei passi critici verso la costruzione di una ‘IA di livello umanò è l’emulazione della coscienza nei computer.
 
“Ciò che sbloccherà questo salto di qualità è la comprensione del ‘codice neurale’ “, afferma Azoff. “Si tratta del modo in cui il cervello umano codifica le informazioni sensoriali e di come sposta le informazioni all’interno del cervello per eseguire compiti cognitivi, come il pensiero, l’apprendimento, la risoluzione di problemi, la visualizzazione interna e il dialogo interno”.
 
Esistono diversi tipi di coscienza e gli scienziati riconoscono che anche animali più semplici come le api possiedono un certo grado di coscienza. Si tratta per lo più di una coscienza priva di autoconsapevolezza, che gli umani sperimentano più da vicino quando sono totalmente concentrati su un compito. “La simulazione al computer può creare un cervello virtuale che, come primo passo, potrebbe emulare la coscienza senza autocoscienza”, afferma Azoff.
 
La coscienza senza autocoscienza aiuta gli animali a pianificare le azioni, a prevedere i possibili eventi e a ricordare gli incidenti del passato, e potrebbe fare lo stesso per l’intelligenza artificiale. Il pensiero visivo potrebbe anche essere la chiave per svelare il mistero della coscienza. L’IA attuale non ‘pensa’ visivamente, ma utilizzà”modelli linguistici di grandi dimensioni’, o LLM. Poichè il pensiero visivo ha preceduto il linguaggio negli esseri umani, Azoff suggerisce che la comprensione del pensiero visivo e la successiva modellazione dell’elaborazione visiva saranno un elemento fondamentale per l’IA di livello umano. 
 
“Una volta che avremo decifrato il codice neurale, progetteremo cervelli più veloci e superiori, con maggiore capacità, velocità e tecnologia di supporto che supereranno il cervello umano”, aggiunge Azoff. “Lo faremo innanzitutto modellando l’elaborazione visiva, che ci permetterà di emulare il pensiero visivo”. L’esperto lancia anche un avvertimento, suggerendo che la società deve agire per controllare questa tecnologia e prevenirne l’uso improprio: “Finché non avremo più fiducia nelle macchine che costruiamo, dovremo assicurarci, in primo luogo, che gli esseri umani abbiano il controllo esclusivo dell’interruttore di spegnimento e, in secondo luogo, dobbiamo costruire sistemi di IA con regole di sicurezza comportamentale”.

A Torino la competizione europea hacker etici

AGI –  Si svolgerà a Torino dal 7 all’11 ottobre 2024 l’European Cybersecurity Challenge, competizione dedicata alla cybersicurezza. Intanto la nazionale italiana di hacker etici si è riunita a Lucca per prepararsi all’evento al quale parteciperanno ben 40 delegazioni. La rosa dei giovanissimi convocati è composta da 20 membri, 10 senior e 10 membri junior. I candidati a rappresentare l’Italia nelle future competizioni hanno sviluppato tutti le proprie esperienze nel campo dell’hacking etico all’interno dei percorsi offerti da “The Big Game”, la filiera di formazione gratuita e gaming organizzata dal Cybersecurity National Lab del CINI (Consorzio interuniversitario nazionale per l’informatica) rivolta ai giovani dai 14 ai 24 anni che intendono acquisire competenze e conoscenze in ambito cyber. Il 13 settembre, presso la Scuola Alti Studi Superiori IMT di Lucca, verranno presentati alla stampa i giovani campioni selezionati dalla rosa dei convocati per gareggiare a Torino. 
 
L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che fin dalla sua nascita sostiene il Team Italy, sarà presente per raccontare le ragioni di questo costante supporto.
 
“L’evento di Torino a ottobre è la conclusione di un lungo percorso che ha rappresentato per tanti giovani un’opportunità unica per addestrare il proprio talento. L’European Cybersecurity Challenge non è solo un gioco, ma è una finestra aperta sul futuro e schiude, soprattutto, possibili orizzonti professionali – ha il direttore Generale dell’ACN, Bruno Frattasi – questi giovani talenti, domani, potranno infatti, essere fondamentali nella protezione delle nostre infrastrutture digitali, dimostrando come sia importante investire sulla preparazione tecnica delle nuove generazioni. Dobbiamo capire che dalla sicurezza informatica dipende la qualità della nostra vita, la sicurezza delle nostre famiglie, dei nostri risparmi, dei nostri processi produttivi, la competitività delle nostre imprese e, non ultima, la continuità delle nostre strutture sanitarie. Dalla robustezza dell’ecosistema digitale nazionale dipende infatti la qualità della proiezione del nostro Paese nell’arena politica ed economica internazionale”. 

In 5 anni raddoppia la spesa per il gioco online

AGI – “I prossimi mesi saranno decisivi per impostare un riordino del comparto del gioco legale, certamente fondamentale e non più prorogabile. Questo importante appuntamento è l’occasione per confrontarsi e mettere a fattor comune le best practice implementate a livello europeo, nonché per fare il punto su cosa a oggi ancora non funziona nel mercato regolamentato italiano, a partire dai distanziometri e dalle limitazioni orarie per arrivare alle disparità di tassazione e vincite che generano indebiti vantaggi competitivi di prodotti o canali distributivi su altri. Una riflessione, quest’ultima, fondamentale per fare finalmente un passo avanti”. Così Emmanuele Cangianelli, Consigliere Delegato FIPE Confcommercio per i giochi pubblici e Presidente EGP FIPE, intervenuto in occasione della 14ª edizione della European Conference on Gambling Studies and Policy Issues a Roma, organizzata dalla European Association for the Study of Gambling, appuntamento biennale tra tutti gli stakeholders continentali del mondo del gioco legale.
“Dal canto nostro non possiamo che sottolineare ancora la centralità del ruolo degli operatori sul territorio, pronti a tutelare i consumatori dai rischi del gioco patologico e dall’illegalità – continua Cangianelli – Tuttavia, per un reale cambio di passo è necessario mettere questi ultimi in condizione di poter agire e per questo occorre abilitare strumenti innovativi, anche dal punto di vista tecnologico. Penso certamente all’uso dell’intelligenza artificiale per la categorizzazione dei giocatori e all’introduzione di un registro unico di esclusione, la cui efficacia è ormai riconosciuta a livello internazionale. Non meno importanti sono un’adeguata formazione del personale e una corretta comunicazione sociale che possa favorire un gioco realmente consapevole. Va da sé che per realizzare tutto questo serve un dialogo costante tra tutti gli stakeholder coinvolti, a partire dalle Istituzioni nazionali e locali.”
 
I NUMERI DEL SETTORE L’appuntamento internazionale è anche l’occasione per fare il punto su alcuni trend del mercato italiano in concessione. Partendo da una mappatura dell’offerta sul territorio italiano, si contano più di 5.000 sale specializzate per i giochi pubblici (sale bingo, negozi scommesse e sale dedicate ad apparecchi da intrattenimento, nelle quali è presente anche offerta di ristorazione ed è vietato l’accesso ai minori), e più di 35.000 pubblici esercizi, differenti dalle ricevitorie di prodotti di lotteria, che propongono solo come attività secondaria e accessoria apparecchi da intrattenimento e raccolta di scommesse.
 
Per quanto riguarda l’analisi economica del mercato nell’ultimo anno, nel 2023 sono stati spesi in giochi regolamentati circa 20,7 miliardi di euro: 10,4 in apparecchi da gioco, scommesse, bingo in punti vendita, 6,1 in giochi numerici e lotterie, 4,4 nei giochi online. Questa spesa ha generato circa 11,7 miliardi di gettito erariale (inclusa la tassazione delle vincite dei giocatori). I ricavi per i gestori ammontano a 10,1 miliardi di euro. Come noto, parallelamente a quello legale esiste un pericoloso mercato illegale, nel quale è stimabile una spesa dei giocatori non inferiore a ulteriori 7/8 miliardi di euro.
 
Analizzando i diversi canali, dal 2019 a oggi la quota di denaro speso dagli italiani nel gioco online è più che raddoppiata, passando da meno del 10% al 21,2% del totale. Di questa somma, circa il 53% proviene da slot e poker online, mentre il 38% dalle scommesse. Altro canale importante è quello degli apparecchi da intrattenimento, da cui proviene circa il 41% dei margini lordi di Stato e operatori. Da notare, in questo caso, una importante riduzione rispetto agli ultimi anni (nel 2019 la percentuale sul totale era del 53%) dovuta all’alta tassazione e alle basse vincite consentite rispetto al passato.
In termini di profilazione dei giocatori sulla popolazione generale, secondo i dati IPSAD CNR riportati nell’intervento odierno c’è una leggera maggioranza maschile: 52% uomini, 41% donne. Tra questi, i giocatori stimati ad alto rischio sono 0,8 milioni (circa l’1,7% degli italiani). Per quanto riguarda il problema del gioco minorile, non consentito dalla legge, il CNR ha stimato che a praticare questa attività illecita siano 1,3 milioni di giovani (15-19 anni), di cui circa 70.000 sono ritenuti giocatori problematici.

In Italia 43mila giovani hanno solo la terza media

AGI – Il nuovo anno è iniziato da pochi giorni, ma per molti giovani i banchi di scuola sono un lontano ricordo: secondo l’ultima elaborazione compiuta dall’Ufficio studi della CGIA su dati Eurostat e Istat, ben 431mila hanno deciso da tempo di non andarci più. Sono persone in età tra i 18 e i 24 anni che nel 2023 hanno dichiarato di aver abbandonato prematuramente la scuola; al più hanno conseguito la licenza di terza media, ma successivamente non hanno concluso nemmeno un corso di formazione professionale della durata superiore a 2 anni e in questo momento non frequentano alcun corso scolastico o formativo. Insomma, sono giovani che a mala pena hanno assolto l’obbligo scolastico. Un tema, quello della povertà educativa, sottolinea la Cgia, molto sentito nel Mezzogiorno, ma con una presenza altrettanto preoccupante anche in alcune aree geografiche del Nord. E sebbene in questi ultimi anni sia in diminuzione la percentuale a livello nazionale di coloro che in eta’ tra i 18 e i 24 hanno abbandonato gli studi sul totale della popolazione corrispondente, rimane una criticità che colpisce in particolare i giovani con alle spalle famiglie caratterizzate da un forte disagio sociale e/o alle prese con seri problemi economici.
È evidente – spiega la Cgia – che “nei prossimi anni questi ragazzi faranno molta fatica a trovare un’occupazione di qualità e adeguatamente retribuita; le sfide lanciate dai cambiamenti epocali in atto – come la transizione ecologica e quella digitale – non potranno che relegarli ai margini del mercato del lavoro, mettendo in difficoltà anche le imprese, che faticheranno ancor più di quanto non stiano facendo adesso a reperire tantissime figure altamente specializzate che raggiungono queste competenze dopo aver conseguito un diploma presso un istituto professionale, un ITS o una laurea presso un politecnico”.
È importante sottolineare – prosegue la Cgia di Mestre – che, talvolta, la “fuga” dai banchi di scuola durante gli anni delle superiori può essere causata da una insoddisfazione per l’offerta formativa disponibile. In questo senso va sottolineato lo straordinario lavoro inclusivo svolto dagli istituti di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP).
Queste realtà sono diventate un punto di riferimento per gli allievi di nazionalità straniera e per gli studenti reduci da insuccessi scolastici precedenti. Sono scuole spesso ubicate in zone periferiche caratterizzate da un forte degrado urbano e sociale che, grazie allo straordinario lavoro “antidispersivo” svolto, vanno sostenute con maggiori risorse di quante ne sono state messe a disposizione fino adesso. In moltissimi casi sono gli unici presidi di legalità presenti nelle aree in cui insistono, sono avamposti dello Stato che si incuneano in quartieri difficili dove mancano gli spazi di socializzazione per i giovani, il lavoro non c’è e la criminalità dilaga.
Secondo l’analisi della Cgia, in Italia sono il Sud e le Isole a presentare i livelli di abbandono scolastico più elevati. La regione maggiormente in difficoltà è la Sardegna che nel 2023 ha registrato un tasso del 17,3 per cento. Seguono la Sicilia con il 17,1 per cento e, sorprendentemente, la Provincia di Bolzano con il 16,2 per cento. Subito dopo scorgiamo la Campania con il 16 per cento, la Puglia con il 12,8 per cento e la Calabria con l’11,8 per cento.
In termini assoluti il maggior numero di giovani che hanno lasciato la scuola prematuramente è riferito alla Campania ed è pari a 72mila unità, seguono la Sicilia con 62mila, la Lombardia con 53mila e la Puglia con 38mila. Rispetto al 2019 la variazione percentuale del tasso di abbandono è in calo in quasi tutte le regioni; le uniche che, invece, hanno subito un incremento sono state la Liguria con il +0,5 per cento, il Veneto e la Provincia Autonoma di Trento entrambi con il +1,5 per cento e, in particolare, la Provincia Autonoma di Bolzano con il +4,6 per cento.
Sebbene la dispersione scolastica sia in calo in tutta Europa, tra i 20 Paesi dell’Eurozona l’Italia e a Cipro sono al terzo posto per l’abbandono della scuola dei giovani tra i 18 e i 24 anni con un tasso del 10,5 per cento sulla popolazione corrispondente. Solo la Spagna con il 13,7 per cento e la Germania con il 12,8 per cento presentano un risultato peggiore del nostro. La media dell’Area Euro si è attestata al 9,8 per cento. 

L’allarme dei grafologi: i giovani non sanno più scrivere a mano

AGI – “I ragazzi devono riprendere a scrivere a mano o avranno gravi carenze cognitive”. Dopo linguisti, neurologi, psicologi e psichiatri, stavolta a lanciare l’allarme sono i professionisti della scrittura, i grafologi. A parlare per loro è il presidente dell’Associazione grafologica italiana (Agi), Guglielmo Incerti Caselli. Il messaggio è a tinte fosche: “Una società che non sa più scrivere – avverte – sarà formata da cittadini con deficit cognitivi, ridotta capacità critica, riflessiva, scarsa coordinazione motoria e un ridotto ventaglio di emozioni: la tastiera del computer è asettica, con l’inchiostro invece si esprimono i propri stati d’animo. La scrittura è come la nostra impronta digitale; sull’argomento la letteratura scientifica è copiosa”. In Italia, l’Agi è l’organizzazione è una delle più rappresentative del settore. Stando ai numeri, riunisce circa seicento soci su un totale di meno di duemila grafologi sparsi sullo Stivale e appartenenti a diverse sigle, “alcune con trenta soci”, chiosa Incerti Caselli. 
 
Insieme con altri mestieri, l’intelligenza artificiale sta mettendo alle corde anche quello del grafologo. Per fare un esempio, nel mare magnum dei programmi che si possono trovare in Rete ce n’è uno di bella grafia. Si chiama Calligrapher.AI: si scrive un testo sullo schermo e il software lo trasforma nello stile corsivo che si preferisce.  Che fare? A parte le competenze classiche (perizie sulle firme di contratti, testamenti, fideiussioni, titoli e procure), l’impressione è che il grafologo rischi di essere confinato nel ruolo di consulente di coppia o del lavoro.
 
Tutto regolare, sono ambiti previsti dalle linee guida della professione. Tra questi, infatti, c’è la grafologia familiare e delle relazioni: si analizzano la scrittura di lei e di lui e si dice ai rispettivi partner quali sono i pregi di ciascuno sui quali puntare per migliorare il rapporto. E c’è anche la grafologia dell’orientamento e del lavoro: si stabiliscono le occupazioni verso le quali il soggetto è più portato e dovrebbe orientarsi. Però suona un po’ strano: da grafologo a mediatore, bisogna abituarsi. “È vero – ammette il presidente Incerti Caselli – sono competenze che abbiamo, eppure non sono molto richieste. Personalmente non demonizzo la tecnologia. Ho 68 anni, per 25 ho lavorato alla Garzanti editore come grafico creativo, arrivando a svolgere lo stesso ruolo in agenzie di comunicazione.
 
In Italia – continua – sono stato uno dei primi ad aver usato il Mac. Però, tra scrittura e tecnologia serve equilibrio o gli adulti di domani potrebbero avere seri problemi neurologici. Anzi, i giovani già cominciano a manifestarli. A parte il lavoro peritale – confessa preoccupato – sa qual è la prima ragione per la quale le persone si rivolgono ai grafologi dell’Agi? Perché si accorgono che i propri figli non sanno scrivere a penna o perché sono stati avvertiti del problema dall’insegnante. In queste situazioni – spiega – bisogna educare la persona al gesto grafico: come tenere una penna in mano e che posizione assumere quando si scrive”. Quindi, ecco che educazione del gesto grafico, appunto, e grafologia dell’età evolutiva (aiutare lo sviluppo dei piccoli “leggendoli”) sono diventati ambiti emergenti dei grafologi italiani.
 
Quando parla del rapporto scrittura e sviluppo cognitivo, il presidente Incerti Caselli ha in mente due studi che hanno rivelato dati drammatici sull’argomento. Il primo è l’indagine svolta del ministero dell’Istruzione sui disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) tra gli alunni della scuola primaria. In particolare, il grafologo si riferisce alla tabella dove vengono messi a confronto i dati degli anni scolastici 2013-14 con quelli del 2020-21. Risultato: la dislessia (disturbo di lettura, ndr) è passata da 93.226 casi a 198.128; la disgrafia (disturbo della grafia) da 30.093 a 99.679; la disortografia (disturbo della compitazione) da 36.364 a 117.849, e la discalculia (disturbo delle abilità aritmetiche) da 33.257 a 108.577. Un disastro ovunque, dove alla sbarra c’è pure la pandemia da Covid, che ha causato il blocco delle attività scolastiche e, da parte degli studenti, l’uso esagerato del computer a casa. A seguire, il secondo approfondimento scientifico è lo studio condotto da Università Sapienza e Policlinico Umberto I di Roma uscito nei primi mesi del 2023. In sintesi: uno studente (romano, ndr) su cinque ha difficoltà di scrivere in corsivo; il 21,6% dei bambini è a rischio di sviluppare problemi di scrittura; il 10% mostra una scrittura disgrafica; il 5% patisce disturbi analoghi più gravi. 
 
Tra tanti incubi, c’è il sogno dei grafologi di tornare all’uso della penna stilografica e alle lezioni di calligrafia in classe, come si tenevano una volta nella scuola elementare. Mentre non c’è l’aspirazione ad avere un Ordine professionale con relativo albo, o almeno di riunire tutte le associazioni intorno a un tavolo e decidere. “Siamo pochi – obietta Incerti Caselli – Bisognerebbe creare una Cassa previdenziale e istituire un corso di laurea, che una volta c’era all’università di Urbino e alla Lumsa di Roma, ma nei primi anni Duemila è stato chiuso per penuria di iscritti. Oggi per diventare grafologo occorre frequentare per tre anni una scuola privata riconosciuta da associazioni accreditate”. Con altre parole, il 18 giugno di quest’anno le stesse perplessità le ha sollevate anche la rappresentante Agi, Eleonora Gaudenzi, ascoltata in Commissione Giustizia al Senato sul disegno di legge 554 riguardante la creazione dell’Ordine e dell’albo professionale dei grafologi.  
 
“In fondo – conclude il presidente Agi – sono ottimista. Da tempo sosteniamo il riconoscimento da parte dell’Unesco della scrittura manuale corsiva quale patrimonio immateriale dell’umanità”. È dell’11 gennaio 2023 la presentazione alla Camera dei deputati della proposta per l’istituzione della Settimana nazionale della scrittura a mano. Ed è da tre anni che l’Agi organizza il Festival sulla scrittura a mano Manu Scribere”. Prossimi appuntamenti a Luino, nel Varesotto, a Palazzo Verbania, il 14 settembre dalle ore 17 e, lo stesso mese, a Bologna il 27, 28 e 29. Quattro i siti: Biblioteca all’Archiginnasio, Auditorium di Salaborsa, Oratorio San Filippo Neri e Teatro Villa Aldovrandi Mazzacorati.    

Il Pil può aumentare grazie all’Intelligenza Artificiale

AGI – Le ricadute dell’intelligenza artificiale sul tessuto produttivo e imprenditoriale restano ancora “piuttosto limitate”. Secondo le linee guida stilate dall’Agid, solo il 15% delle pmi italiane ha avviato un progetto pilota di IA nel 2022; “un valore assolutamente troppo basso, seppure in crescita di 9 punti percentuali rispetto all’anno precedente”; inoltre, circa 600 sono i brevetti in AI e poco più di 350 risultano le start-up di IA fondate a partire dal 2017, dato che ci colloca quale fanalino di coda in Europa.
E invece, rilevano gli esperti, “un importante acceleratore potrebbe essere l’IA generativa, il cui potenziale potrebbe portare ad aumentare il PIL italiano fino al 18,2% annuo, rappresentando una opportunità unica per rafforzare l’economia nazionale”; infatti, ben il 78,2% delle aziende italiane prevede di utilizzare nel breve-medio periodo tecniche di IA generativa, in particolare per la ricerca di informazioni, per assistenti virtuali e chatbot, nell’efficientamento dei processi, nel supporto alla creatività e nella simulazione e modellazione di scenari.
 
Il ruolo della formazione
 L’Italia dovrà promuovere una formazione di elevata qualità, “allineata alle nuove competenze richieste per affrontare le sfide che l’Intelligenza Artificiale ci porrà negli anni a venire”. Lo scrive l’Agid nelle linee guida sull’intelligenza artificiale. Gli esperti ritengono che “da un lato, sarà fondamentale incentivare l’insegnamento della disciplina a livello universitario in tutte le sue sfaccettature, con attenzione anche alle rilevanti questioni etiche, all’interno di una vasta gamma di percorsi formativi, promuovendo così la collaborazione interdisciplinare. Dall’altro lato, sarà cruciale concentrare gli sforzi su percorsi tecnici specializzati, come ad esempio il Dottorato Nazionale in Intelligenza Artificiale, mirando alla formazione dei ricercatori destinati a diventare i veri promotori dell’adozione dell’IA nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione”. Considerato il notevole ritardo dell’Italia nel campo delle competenze digitali di base e l’imminente impatto dell’Intelligenza Artificiale sulle professioni, “diventa altresì essenziale promuovere percorsi educativi per le scuole e l’intera cittadinanza mirati a preparare la società italiana alla rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale, oltre che iniziative di reskilling e upskilling in tutti i contesti produttivi, non necessariamente legati al mondo ICT”.
 
Le azioni nell’ambito della Ricerca dovranno essere sviluppate in un’ottica prospettica di “medio-lungo periodo, con l’ambizione di esplorare soluzioni tecnologiche innovative e ancora poco battute; quelle invece rivolte alla Pubblica Amministrazione e alle Imprese dovranno essere orientate a fornire risposte dirette e immediate alle pressanti esigenze di innovazione, prediligendo soluzioni di IA sviluppabili in un’ottica di breve periodo”. 

Il cassetto digitale dell’imprenditore diventa un’app

AGI – Il cassetto digitale dell’imprenditore – la web app del sistema camerale con cui oltre due milioni di imprenditrici e imprenditori accedono ai documenti ufficiali della propria azienda – si rinnova e debutta con una app per mobile, dal nome ‘impresa italia’, sui principali store con nuove funzioni e maggiore facilità d’uso. 
Attraverso questo innovativo strumento ogni legale rappresentante d’impresa può accedere gratuitamente ai principali documenti della propria azienda disponibili nel Registro Imprese: dalla visura, in italiano e in inglese, all’atto costitutivo, fino alle ultime annualità di bilancio depositate (per le imprese tenute a tali dichiarazioni). L’app consente anche di monitorare lo stato delle pratiche inviate al Registro delle Imprese e allo Sportello Unico per le Attività Produttive (il SUAP) e di esibire l’Attestato di Iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali. L’app è disponibile sugli store Apple, Android e Huawei oltre che dal sito impresa.italia.it e offre nuove funzionalità per accompagnare l’imprenditore nella guida quotidiana della sua azienda. Ad esempio, la possibilità di effettuare il pagamento del Diritto annuale di iscrizione alla Camera di commercio direttamente dal proprio smartphone, in modo semplice e sicuro.
Entro il 2024, l’app si arricchirà di ulteriori funzionalità pensate per semplificare la vita degli imprenditori. Tra queste, un innovativo servizio di notifiche personalizzate che terrà gli utenti sempre aggiornati su eventi di rilevanza per l’impresa, per non rischiare di perdere opportunità o scadenze. Inoltre, sarà possibile verificare la situazione della propria impresa rispetto ai principali adempimenti richiesti dalla Camera di commercio. Questo servizio permetterà di controllare lo stato di salute della propria impresa, prerequisito fondamentale per ottenere credibilità e fiducia con clienti, fornitori e partner. Per accedere al servizio è necessaria l’identità digitale (SPID, CNS/CIE) ottenibile in Camera di commercio (anche online su id.infocamere.it), oppure rivolgendosi a uno degli altri gestori accreditati dall’Agenzia per l’Italia Digitale.

8 preziosi consigli per evitare le truffe online

AGI – Controllare l’indirizzo del sito web e non cliccare su link sconosciuti, diffidare di offerte troppo convenienti o richieste di caparra e non pagare mai con un bonifico bancario. Sono alcuni dei consigli della polizia e di Airbnb per evitare di cadere nelle sempre più frequenti truffe online, specie in tempi di prenotazioni di vacanze. Truffe che vanno dalle frodi con carte di credito al phishing. A sorpresa le vittime maggiormente colpite sono della Gen Z e i Millennial, nonostante siano generazioni native digitali, e non i ‘senior’. È quanto accertato da polizia di Stato e Airbnb che, alla vigilia dell’estate e delle prenotazioni delle vacanze, hanno rinnovato la collaborazione per aiutare i cittadini a riconoscere ed evitare i malintenzionati in Rete. Il testimonial della campagna è Marco Camisani Calzolari, che già collabora con la polizia sul tema delle truffe online.
 
Ecco gli 8 consigli di polizia e Airbnb per evitare le truffe online:
 

Controllate l’indirizzo del sito web. Che si utilizzi un computer o uno smartphone, meglio verificare di stare prenotando attraverso la piattaforma ufficiale. La soluzione è utilizzare l’app Airbnb o andare direttamente sul sito web per assicurarsi di essere sul sito ufficiale (www.airbnb.it).
Non cliccate su link sconosciuti. L’utilizzo rilassato dei social media può contribuire a esporre gli utenti al rischio di truffa. Se non si e’ sicuri che un messaggio o un post provengano da un’azienda riconosciuta, non condividere o interagire con essi e non cliccare su eventuali link presenti. Airbnb fornisce delle linee guida su come identificare un link o un’e-mail autentica della piattaforma.
Diffidate di offerte troppo convenienti o richieste di caparra. Con il costo della vita che tende ad aumentare, molti consumatori sono a caccia di offerte vantaggiose; ma se un’offerta o un annuncio sembrano troppo belli per essere veri, potremmo essere di fronte a una truffa. In questo caso e’ consigliabile prendersi tutto il tempo necessario per esaminare i dettagli dell’annuncio e le recensioni esistenti, soprattutto se viene messa fretta per il pagamento.
Non pagate mai con bonifico bancario. Si tratta di uno strumento di pagamento non consentito da Airbnb. Meglio utilizzare la carta di credito, che offre più tutele. Se si riceve la richiesta di pagare un viaggio tramite bonifico bancario, criptovalute o carte regalo, e’ molto probabile che si tratti di una truffa.
Prenotate, pagate e comunicate solo sulla piattaforma. Alcuni utenti potrebbero essere attratti dalla proposta di trattare privatamente fuori dal portale per risparmiare. Tuttavia, questo non consente di usufruire delle garanzie Airbnb, che non riconosce i pagamenti effettuati dagli ospiti fino a 24 ore dopo il check-in, mentre AirCover per gli ospiti fornisce una protezione per alcune possibili evenienze.
Controllate le recensioni. Leggere le opinioni di altri ospiti è utile per farsi un’idea più precisa prima di prenotare, controllando le valutazioni e le recensioni e leggendo attentamente la descrizione dell’annuncio. Inoltre è possibile porre domande all’host tramite la messaggistica sulla piattaforma prima di bloccare le date.
Comunicate con l’host. A prenotazione effettuata, prima di mettersi in viaggio, è preferibile contattare l’host per prendere accordi sull’arrivo, e verificare eventuali necessita’ particolarmente importanti. In caso di mancanza di risposta, contattate subito il servizio clienti.
Come segnalare un dubbio nel modo giusto. Su Airbnb, gli utenti possono segnalare messaggi controversi direttamente dalla messaggistica interna, mentre casi sospetti possono essere segnalati tramite una bandierina presente su ciascun annuncio. Se si e’ effettuato un pagamento fuori dal sito, è necessario contattare subito l’assistenza clienti che e’ a disposizione 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

 
“Negli ultimi anni – spiega Massimo Bruno, primo dirigente della polizia di Stato e direttore della Divisione Financial Cybercrime del Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica – si sta assistendo a un costante aumento nel settore dei reati finanziari commessi online, solo nel 2023 la polizia postale ha trattato oltre 16mila casi, tra cui quelli legati alla prenotazione di case vacanza, pacchetti e titoli di viaggio”. “Sebbene la maggior parte delle truffe si realizzino al di fuori delle piattaforme di prenotazione di viaggi – prosegue – anche in tale settore riscontriamo significative evidenze, specialmente in coincidenza dei periodi di punta per la pianificazione delle vacanze. Sono tipologie di raggiri che, con un’adeguata e costante opera di sensibilizzazione verso gli utenti, possono essere riconosciuti ed evitati, e in tale direzione è massimo l’impegno della polizia postale. Per tale motivo, apprezziamo e rinnoviamo la collaborazione con Airbnb nella prevenzione di tali reati”. “Ci troviamo nel pieno del periodo delle prenotazioni – sottolinea Valentina Reino, responsabile relazioni istituzionali di Airbnb Italia – e questa iniziativa vuole aiutare le persone a capire quali siano i campanelli d’allarme da cogliere e le buone pratiche da adottare. Quando si tratta di prenotare su Airbnb, incoraggiamo i nostri ospiti a comunicare, prenotare e pagare solo sulla piattaforma, dove le transazioni sono sicure e possono contare anche su AirCover, il nostro programma assicurativo a tutela di host e ospiti. La grandissima parte dei tentativi di raggiro avviene infatti fuori dal nostro sito”.
Ma qual è l’identikit della vittima?
Secondo il report 2023 delle attività della polizia postale e per la sicurezza cibernetica, l’anno scorso si e’ registrato un considerevole aumento dei tentativi di truffa online in Italia, con una crescita di questi reati del 6% dal 2022 al 2023 e un conseguente incremento del denaro sottratto, che è passato da 114 milioni di euro a 137 milioni (+20%). Sono invece 2.500 i siti di phishing individuati e bloccati da Airbnb solamente negli ultimi 12 mesi. Anche se nate e cresciute nell’era digitale, le nuove generazioni sono meno attente quando si tratta di sicurezza online. Secondo Consumerismo, 1 italiano su 5 dichiara di aver subìto almeno una truffa mentre faceva acquisti in Rete, percentuale che sale al 33,1% nella fascia d’età 25-34 anni: ciò significa che 1 giovane su 3 e’ caduto nelle ‘trappole’ dell’e-commerce.