I ragazzi sentono sempre più il pericolo di diventare ‘vittime’ online

AGI – Per nove ragazzi su 10 (l’89,1%), è concreto il rischio per chi ha la loro età di essere “vittime” in Rete (89,1%), anche se solo la metà (il 54%) valuta questo possibile rischio come medio-alto per se stessi. Le femmine hanno più timori dei coetanei maschi e, in particolare, percepiscono come maggiormente probabile il rischio per ragazzi e ragazze della loro età di scambiare confidenze e immagini private con degli sconosciuti: 8 su 10 (il 79.8%) ritengono che possano verificarsi diffusioni di immagini non autorizzate online e su canali social tra coetanei. Sono alcuni dei risultati della ricerca tra giovani di età compresa tra i 14 e i 19 anni presentata in occasione della Giornata conclusiva dell’iniziativa di educazione alla legalità “Nei panni di Caino per capire e difendere le ragioni di Abele”, svoltasi presso la Scuola superiore di polizia, alla presenza del capo della Polizia Vittorio Pisani.
L’iniziativa è stata promossa dal Dipartimento della pubblica sicurezza – Direzione Centrale per la polizia stradale, ferroviaria e per i reparti speciali della Polizia di Stato, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia della “Sapienza” Università di Roma, nell’ambito delle azioni del ministero relative al Pon Legalità, con l’obiettivo di “creare un filo conduttore tra le forze di polizia e i giovani che si trovano in contesti a rischio devianza e connotati da un elevato livello di criminalità”.
Il progetto ha coinvolto 1.631 studenti di 80 istituti scolastici di secondo grado di Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Sicilia consentendo di indagare la loro percezione su questi temi e l’impatto emotivo cui ha portato il vivere l’esperienza degli scenari virtuali realizzati nell’ambito del progetto e dei modelli formativi collegati. Sono stati analizzati i vissuti emotivi di ragazze e ragazzi a seguito della partecipazione a questa esperienza: le emozioni e le sensazioni che maggiormente emergono sono rabbia, tristezza, ansia, paura, dispiacere, curiosità, empatia, capacita’ di riflessione, interesse e ascolto. All’evento sono intervenuti il vice direttore generale della pubblica sicurezza e Autorità di gestione del Pon, Stefano Gambacurta, il direttore centrale per la Polizia stradale, ferroviaria e per i reparti speciali della Polizia di Stato Renato Cortese e il direttore del Dipartimento di Psicologia della Sapienza Università di Roma Anna Maria Giannini. Il referente regionale scolastico per la Calabria, Sofia Ciappina, ha illustrato l’esperienza dell’utilizzo dei dispositivi di realtà virtuale nell’ambito della realtà scolastica territoriale, mentre l’atleta paralimpico delle Fiamme Oro Manuel Bortuzzo ed il regista Alessandro Celli, della serie Netflix DI4RI, testimonial dell’evento, hanno condiviso la loro esperienza sull’utilizzo della realtà virtuale per la visione degli scenari.
Tutte le novità contenute nella legge sulla Cybersecurity
AGI – Più strumenti alle Pubbliche amministrazioni per prevenire e contrastare gli attacchi informatici e limitarne il più possibile i danni, nuove misure sulle competenze dell’Agenzia per la cybersecurity nazionale, ma anche modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per rendere più stringente la lotta contro i reati commessi attraverso la rete. Il Senato ha approvato in via definitiva il ddl sulla cybersecurity.Il testo si snoda in 24 articoli. Queste alcune delle nuove misure introdotte.
Modifiche al codice penale e di procedura penale
Aumenti di pena per reati come l’accesso abusivo a un sistema informatico (se commesso da un pubblico ufficiale la reclusione va da due a dieci anni); il danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (reclusione da due a sei anni e, se aggravata, da tre a otto anni). Al codice penale viene aggiunta (articolo 629) una nuova previsione con la disciplina in tema di estorsione realizzata attraverso la “consumazione di reati informatici”. Chiunque “costringe taluno a fare o a omettere qualche cosa, procurando a se’ o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, e’ punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 10.000. La pena è della reclusione da otto a ventidue anni e della multa da euro 6.000 a euro 18.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nel terzo comma dell’articolo 628 nonché nel caso in cui il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace per eta’ o per infermita'”.
Si allarga la composizione del Cisr
Del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) sarà parte anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti e il ministro dell’Università e della ricerca. Attualemnte il Cisr è presieduto dal presidente del Consiglio dei ministri e composto dall’Autorità delegata, ove istituita, dal ministro degli Affari esteri, dal ministro dell’Interno, dal ministro della Difesa, dal ministro della Giustizia, dal ministro dell’Economia e delle finanze, dal ministro dello Sviluppo economico e dal ministro della Transizione ecologica. Il comitato ha funzioni di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e sulle finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza.
Stretta sull’accesso alle banche dati
Per “garantire un’adeguata tutela e protezione dai rischi di accesso abusivo ai dati contenuti in sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni, l’accesso alle banche dati pubbliche da parte di addetti tecnici e degli incaricati del trattamento” avviene “previo utilizzo di specifici sistemi di autenticazione informatica basati sull’utilizzo combinato di almeno due differenti tecnologie di autenticazione, una delle quali deve essere basata sull’elaborazione di caratteristiche biometriche”. Gli addetti tecnici vanno individuati come “gli operatori tecnici aventi funzioni di amministratori di sistema, di rete o di archivio di dati”. L’accesso alle banche dati pubbliche e’ consentito “nei soli casi legati a indifferibili interventi relativi a malfunzionamenti, guasti, installazioni hardware e software, aggiornamento e riconfigurazione dei sistemi, che possano determinare la necessita’ di accesso informatico ai sistemi informatici anche in assenza di due differenti tecnologie di autenticazione o in assenza di autenticazione biometrica per operazioni che comportano la presenza fisica dell’addetto che procede all’intervento in prossimità del sistema di elaborazione”.
Limiti per incarichi esteri a chi è stato a vertici servizi
Coloro che “hanno ricoperto la carica di direttore generale e di vicedirettore generale del Dis e di direttore e di vicedirettore di Aise o di Aisi, ovvero abbiano svolto incarichi dirigenziali di prima fascia di preposizione a strutture organizzative di livello dirigenziale generale non possono, salvo autorizzazione del presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorita’ Delegata ove istituita, nei tre anni successivi alla cessazione dell’incarico svolgere attività lavorativa, professionale, o consulenziale, ovvero ricoprire cariche presso soggetti esteri, pubblici o privati”.
Acn e raccolta dati attacchi informatici
L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) provvederà alla “raccolta, all’elaborazione e alla classificazione dei dati relativi alle notifiche di incidenti ricevute dai soggetti che a ciò siano tenuti” dalla legge. Dei dati vene data contezza nella relazione sull’attività svolta dall’Agenzia nell’anno precedente “quali dati ufficiali di riferimento degli attacchi informatici portati ai soggetti che operano nei settori rilevanti per gli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza”. Viene istituito per le Pubbliche amministrazioni, “indicate nell’articolo 1, comma 1, ove non sia già’ presente, la struttura preposta alle attività di cybersicurezza”.
Crittografia
L’articolo 10 del ddl stabilisce di valorizzare l’utilizzo della crittografia quale strumento di difesa cibernetica e istituisce il Centro nazionale di crittografia presso l’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale.
Disciplina sulle intercettazioni e protezione dei testimoni giustizia
Il ddl estende la disciplina delle intercettazioni previste per i fatti di criminalità organizzata ai reati informatici rimessi al coordinamento del procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo e con l’articolo 21 del testo modifica il procedimento di applicazione delle speciali misure di protezione per i testimoni di giustizia e per gli altri protetti, prevedendo che la Commissione centrale debba chiedere il parere al procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo sulla proposta di ammissione alle speciali misure. Viene quindi regolato il rapporto tra l’Agenzia di cybersicurezza nazionale, il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, la Polizia giudiziaria e il pubblico ministero.
Un anziano su 3 è vittima di abusi, un vademecum per capire i segnali di allarme

AGI – Angherie, negligenza, maltrattamenti fisici e psicologici, abusi nelle RSA, sono riferiti dal 30% degli anziani fragili, per arrivare a circa due terzi nelle RSA e nelle case di riposo. Tra le mura domestiche le situazioni di abuso sono poco rilevabili, ma nella maggior parte dei casi avvengono purtroppo per mani di caregiver e di famigliari, da aiutare e non abbandonare, pur senza giustificare le violenze. In questo scenario la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), in occasione della Giornata Mondiale contro gli abusi che ricorre domani, promuove un vademecum in cui si indicano i campanelli di allarme per intercettare e riconoscere i segnali di violenza e maltrattamento.
“Tra i segnali che possono far sospettare un problema di abuso, in generale, ricorrono scarsa igiene o un odore sgradevole, abiti sporchi, malnutrizione e disidratazione non correlate a una patologia”, dichiara Andrea Ungar, presidente SIGG. “Tra i campanelli di allarme che potrebbero indicare che un anziano è vittima di violenza fisica, i più diffusi sono lesioni, come graffi o tagli localizzati prevalentemente su testa e viso, compresi occhi, orecchi, area dentale, collo e arti superiori. Ma anche cadute e fratture – continua – con cause indeterminate o ustioni e lividi in luoghi e di tipo insolito. Mostrare, invece, comportamenti caratterizzati da paura di rappresaglie, vergogna, rassegnazione, riluttanza a parlare apertamente possono essere indicativi di abuso psicologico ed emotivo”.
Ma se chi assiste gli anziani è frustrato e stressato dall’onere assistenziale, il carico delle cure quotidiane finisce spesso per favorire l’esaurimento fisico ed emotivo, un nemico a volte invisibile che induce a trascuratezza e ad azioni di abuso psicologico, fisico e finanziario.
“L’assistenza di un anziano, specie con deterioramento cognitivo, impegna il famigliare sia sul piano pratico e organizzativo che su quello emotivo, portando spesso a un ‘cortocircuito’ relazionale – afferma Anna Castaldo, coordinatrice del gruppo di studio SIGG – sulla prevenzione del maltrattamento agli anziani che si ripercuote sulla vita dell’anziano con comportamenti abusivi del caregiver che percepisce l’onere assistenziale come un impegno schiacciante e complesso e che determina spesso atteggiamenti disfunzionali. Ed è proprio lo stress derivante dal carico assistenziale a causare una riduzione della qualità delle cure e, nel peggiore dei casi, situazioni di abuso che esplodono soprattutto nel difficile periodo estivo. I comportamenti dei caregiver che suggerisco abusi sono, ad esempio, non lasciar parlare l’anziano, trattarlo come un bambino e fornire spiegazioni poco plausibili per le lesioni – prosegue -. Circa due terzi degli episodi di abuso avvengono nelle RSA e nelle case di riposo. Tra i maltrattamenti istituzionali più ricorrenti ad opera del personale assistenziale ci sono: mancanza di rispetto per la dignità e la privacy dell’anziano, utilizzo di mezzi di contenzione inappropriati e nessuna flessibilità negli orari di messa a letto e di alzata, uso improprio di farmaci, mancata fornitura di occhiali, apparecchi acustici o protesi dentali, non fornire cibo e bevande adeguati o mancata assistenza nel mangiare”.
Contro i maltrattamenti la SIGG invita a offrire gentilezza come risposta alle violenze verso gli anziani più fragili. “Il semplice atto di essere gentili con le persone anziane deve essere considerato parte del servizio di cura”, sottolineano Ungar e Castaldo.
“Mostrare gentilezza ispira gentilezza e aiuta a diffonderla per combattere i conflitti e prevenire gli abusi”, precisa Ungar. “La neuroscienza indica che vedere qualcuno mostrare emozioni positive attiva automaticamente le stesse aree del cervello. Essere gentile con una persona anziana significa avere un atteggiamento di rispetto, accoglienza e disponibilità. Una persona fragile incapace di badare a sé stessa a causa di una malattia o una disabilità fisica, ha bisogno innanzitutto di essere ascoltata attentamente e non interrotta. È importante – continua – anche mantenere un contatto fisico e visivo con la persona anziana e condividere momenti di relax. Sulle persone anziane la gentilezza può avere un forte impatto anche terapeutico per il mantenimento della salute e del benessere non solo mentale ma anche fisico. Attivando la produzione di ossitocina, l’ormone della felicità che allontana lo stress, la gentilezza contribuisce a proteggere la memoria, aiuta a combattere la depressione e contribuisce al calo della pressione sanguigna e del cortisolo”.
Anche quest’anno il gruppo di studio della SIGG propone, in occasione della Giornata Mondiale contro il maltrattamento degli anziani, una riflessione sulla prevenzione degli abusi attraverso un webinar dedicato alla gentilezza nella relazione di cura. Durante l’evento formativo saranno presentati anche i lavori vincitori di un concorso sul tema delle cure gentili, rivolto a studenti, professionisti sanitari e sociali.
L’intelligenza artificiale non sostituirà lo psichiatra

AGI – Si fa presto a dire “dr. IA”, ma la verità è che oggi non esistono algoritmi di intelligenza artificiale che possono essere implementati nella pratica clinica. Hanno ancora troppi difetti che, di fatto, li rendono poco affidabili e potenzialmente pericolosi. Gli algoritmi restano per il momento adatti a essere utilizzati in contesti sperimentali e accademici.
Questo non significa che l’intelligenza artificiale non sarà mai pronta, ma solo che c’è ancora tanta strada da fare: temi fondamentali e cruciali per il futuro che sono stati discussi durante il congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria (Sip), che sta celebrando i suoi 150 anni al Palazzo della Gran Guardia di Verona.
Alla base della discussione, anche un lavoro tutto italiano appena pubblicato sulla rivista ‘Italian Journal of Psychiatry’ e condotto da Antonio Vita, vicepresidente Sip, professore di psichiatria all’Università di Brescia e direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asst Spedali Civili di Brescia.
“La ricerca sulle possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario non è mai stata cosi’ vivace come in questo momento – afferma la presidente Sip, Liliana Dell’Osso – c’è in particolare un crescente interesse nel settore della salute mentale, nell’ambito del quale sono stati sviluppati e studiati numerosi algoritmi. È dunque facile lasciarsi trascinare dall’entusiasmo, ma c’è ancora molta strada da fare prima che queste tecnologie possano dare il loro contributo nella pratica clinica”.
E questo è esattamente quello che dimostra la nuova review. “L’IA ha oggi una grande importanza sulla ricerca clinica, che si sta completamente innovando – sottolinea Emi Bondi, presidente uscente Sip – negli ultimi anni sono state effettuate numerose analisi e metanalisi che esplorano l’uso dell’IA nel campo della salute mentale, sempre focalizzate su singoli disturbi mentali, su algoritmi specifici o su metodiche strumentali precise. Questa nuova review è importante perché non si concentra su uno specifico algoritmo o su un singolo disturbo mentale, ma ha l’obiettivo di esaminare l’utilizzo attuale di questa tecnologia digitale nel campo della salute mentale”.
In particolare, i ricercatori hanno preso in considerazione tre tipologie di algoritmi: il Natural Language Processing (Nlp), il machine learning e il deep learning.
Nlp è una branca dell’intelligenza artificiale che aiuta i computer a capire, interpretare e manipolare il linguaggio umano. Un celebre esempio è ChatGpt. Il machine learning è invece un sottoinsieme dell’Intelligenza artificiale alimentato da dati e da algoritmi, affinché le macchine imparino e diventino sempre più capaci. Il deep learning impiega le reti neurali, algoritmi progettati per imitare il cervello umano, che devono essere addestrate mediante grandi set di dati affinché apprendano modelli e possano restituire previsioni accurate.
“L’obiettivo della nostra review è stato quello di indagare le prestazioni della maggior parte degli algoritmi, analizzando in particolare i metodi più frequentemente utilizzati per raccogliere i dati per addestrarli – spiega Vita – per funzionare in modo ottimale, l’intelligenza artificiale richiede una grande quantità di dati: da parametri neurobiologici a registrazioni audio-video fino a database nazionali, anche assicurativi, o di dati di soggetti appositamente reclutati per testare uno specifico algoritmo. È dunque evidente – continua – che l’affidabilità di un algoritmo AI dipende in gran parte dalla qualità dei dati utilizzati per elaborarlo. Le banche dati utilizzate non sono state create appositamente per questo scopo, dunque potrebbero esserci errori, carenze o semplificazioni che riducono l’affidabilità dell’Intelligenza artificiale”.
Inoltre, l’uso dell’IA in campo clinico presenta ancora altri problemi, oltre a quelli relativi allo sviluppo di algoritmi efficienti e affidabili.
“Questi problemi includono l’attribuzione di responsabilità e il rischio che dati sensibili finiscano nelle mani sbagliate – sottolinea Vita – attualmente manca una legislazione adeguata e in caso di errore dell’IA, non è chiaro chi dovrebbe essere ritenuto responsabile: lo psichiatra che ha convalidato il risultato, il paziente che l’ha accettato, gli sviluppatori dell’algoritmo, il sistema sanitario che lo ha implementato, o nessuno? Inoltre, raccogliendo dati sensibili e monitorando le attività quotidiane, gli studi affrontano il rischio di mettere a repentaglio la privacy dei soggetti”. Dunque, siamo ben lontani dall’essere curati dalle macchine, anche se intelligenti.
“Nonostante i servizi di salute mentale abbiano subito una trasformazione importante verso la medicina digitalizzata, utilizzando la tecnologia a vari livelli, dalla diagnosi all’assistenza, a oggi nessun metodo di intelligenza artificiale può dirsi pienamente promosso e adatto per essere utilizzato nella diagnosi, assistenza e cura dei pazienti – evidenzia Vita – tuttavia, essendo un settore in continua evoluzione, sono necessarie ulteriori ricerche per monitorare i progressi e gli algoritmi che potranno effettivamente essere di grande aiuto nella pratica clinica”.
Temu dovrà attenersi alle regole del Digital Service Act

AGI – La Commissione europea ha formalmente designato Temu come Very Large Online Platform (Vlop) ai sensi del Digital services act (Dsa). Temu – spiega la Commissione – è un shop online con una media di oltre 45 milioni di utenti mensili nell’Unione europea. Questo numero utente, che Temu ha comunicato alla Commissione, è superiore alla soglia Dsa per la designazione come Vlop.
A seguito della designazione odierna come Vlop, Temu dovrà conformarsi alle norme più stringenti previste dalla Dsa entro quattro mesi dalla sua notifica (ovvero entro la fine di settembre 2024), come l’obbligo di valutare debitamente e mitigare eventuali rischi sistemici derivanti da i loro servizi, inclusa la pubblicazione e la vendita di beni contraffatti, prodotti non sicuri o illegali e articoli che violano i diritti di proprietà intellettuale.
Gli egizi provavano a rimuovere i tumori già 4.000 anni fa

AGI – I prodigiosi chirurghi egizi, ben noti per le loro conoscenze mediche avanzate, cercavano anche di affrontare il cancro. Questa l’ipotesi formulata dagli scienziati dell’Università di Tubinga e dell’Università di Santiago de Compostela, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Frontiers in Medicine per rendere noti i risultati del loro lavoro. Il team, guidato da Tatiana Tondini e Edgard Camaró, ha esaminato due teschi risalenti a circa 4000 anni fa. Capaci di trattare malattie e lesioni traumatiche, costruire protesi e inserire otturazioni dentali, i medici egizi non erano in grado di curare il cancro, ma i risultati del gruppo di ricerca suggeriscono dei tentativi in questa direzione.
“I crani che abbiamo analizzato – riporta Camaró – forniscono una nuova prospettiva straordinaria nella nostra comprensione della storia della medicina”. Gli scienziati hanno esaminato due teschi conservati presso la Duckworth Collection dell’Università di Cambridge. I reperti, cranio e mandibola 236 e cranio E270, datati rispettivamente tra il 2687 e 2345 a.C. e tra il 663 e il 343 a.C., appartenevano a due individui di genere opposto. Sul primo teschio, gli studiosi hanno individuato una lesione compatibile con un’eccessiva distruzione dei tessuti, e 30 ferite metastatizzate piccole e rotonde sparse nel cranio. Attorno alle abrasioni, sono stati rilevati segni di taglio, realizzati con oggetti appuntiti.
“Sembra che gli antichi egizi eseguissero una sorta di intervento chirurgico legato alla presenza di cellule cancerose – commenta Tondini – questi indizi sembrano suggerire che i medici effettuassero trattamenti sperimentali o esplorazioni mediche in relazione al cancro”. Anche nel cranio E270 sono evidenti delle lesioni compatibili con un tumore canceroso. Sulla base dell’analisi di questo reperto, gli studiosi hanno ipotizzato che la donna avesse ricevuto delle lesioni da arma affilata, da cui sembrava poi essere guarita.
“È raro trovare ferite di questo genere negli individui di genere femminile – conclude Tondini – se la donna in questione avesse partecipato a qualche attività di guerra, dobbiamo ripensare al ruolo delle figure femminili nella storia. Il nostro lavoro costituisce una base incoraggiante per la ricerca futura nel campo della paleo-oncologia, ma saranno necessari ulteriori studi per chiarire il modo in cui le società antiche affrontavano il cancro”.
Microsof integra l’intelligenza artificiale direttamente nel computer

AGI – Microsoft ha integrato strumenti di intelligenza artificiale generativa direttamente nel suo sistema operativo Windows dei suoi pc. Il gruppo stima che nei prossimi 12 mesi saranno venduti più di 50 milioni di “PC AI”, visto l’appetito degli sviluppatori e del pubblico per gli assistenti digitali che anticipano le loro esigenze.
“Stiamo introducendo una categoria completamente nuova di PC Windows progettati per liberare tutta la potenza dell’intelligenza artificiale più vicino agli utenti”, ha detto Satya Nadella, “Abbiamo completamente reinventato il PC da dentro e fuori”, ha affermato Yusuf Mehdi, vicepresidente del colosso IT.
Microsoft assicura che i “Copilot Plus”, che prendono il nome dall’interfaccia AI di Windows sono “il 58% più veloci dei MacBook Air più evoluti”. L’integrazione dell’intelligenza artificiale nella gamma Surface di Microsoft dovrebbe contribuire a rilanciare le vendite di dispositivi personali, in calo lo scorso anno del 9%.
Nuovi strumenti, come la traduzione dal vivo, la generazione di immagini o le domande a Copilot, saranno disponibili senza abbonamento e senza aprire applicazioni separate.
Grazie alla nuova funzione “Richiama”, un utente può tornare indietro nel tempo sul proprio PC, vedere tutte le finestre che ha aperto o chiedere a Copilot di trovare, ad esempio, una presentazione che conteneva una determinata immagine.
Lo strumento Cocreator consente di creare immagini disegnando e fornendo istruzioni scritte. “È gratuito, super veloce, completamente privato e non puoi farlo da nessun’altra parte”, ha detto Mehdi.
Grazie alle “NPU”, chip specializzati per compiti di intelligenza artificiale, gli scambi con i modelli avvengono direttamente sul computer, invece di inviare dati al cloud e aspettare una risposta.
Aziende come Lenovo, Dell, Acer e HP hanno recentemente rilasciato PC con “NPU” e ora integreranno Copilot Plus, sperando di riaccendere l’interesse del pubblico nei computer. Lenovo , ad esempio, ha ampliato il suo portafoglio di dispositivi, software e servizi ottimizzati predisposti per l’intelligenza artificiale con due nuovi notebook per utenti consumer e professionali: Lenovo Yoga Slim 7x e Lenovo ThinkPad T14s Gen 6 alimentati dal nuovo processore Snapdragon X Elite di Qualcomm.
“Finalmente abbiamo uno strumento a nostra disposizione per dare agli utenti ciò che desiderano”, si rallegra Caleb Fleming, responsabile marketing di HP, spiegando che il nuovo chip consente, tra le altre cose, di ottimizzare l’utilizzo della batteria.
Apple, il principale concorrente di Microsoft, non ha ancora lanciato proposte sull’intelligenza artificiale generativa, ma si prevede che introdurrà le proprie innovazioni a giugno.
Copilot funzionerà su GPT-4o e consentirà discussioni dal vivo, ad esempio per ricevere consigli durante un videogioco. Ma il risultato dovrebbe antropomorfizzare molto meno l’assistente, ha indicato Yusuf Mehdi. L’intelligenza artificiale “non dovrebbe essere umana. Non dovrebbe respirare. Dovresti sapere immediatamente che stai parlando con un’intelligenza artificiale”, ha insistito.
In Italia 1 giovane su 10 vive in povertà e il 67% vede nero

AGI – Allarme povertà tra i giovanissimi: in Italia tra i ragazzi di 15 e 16 anni quasi uno su 10 (9,4%) vive in condizioni di povertà e tra questi il 67,4% teme che il futuro lavorativo non gli consentirà di uscirne. È quanto emerge dalla ricerca ‘Domani (Im)possibili’ di Save the Children, presentata a Roma all’Acquario Romano. Tra quanti vivono in povertà più di uno su quattro ritiene che non concluderà la scuola, a fronte dell’8,9% dei loro coetanei.
L’occasione per presentare il rapporto è stata l’apertura di “Impossibile 2024 – Costruire il futuro di bambine, bambini e adolescenti”, la biennale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Ong a cui è stata conferita la medaglia del Presidente della Repubblica. Dalla ricerca, sottolinea Save The Children, si rileva “un drammatico divario nelle aspettative per il futuro tra i ragazzi in condizioni di povertà rispetto ai loro coetanei più abbienti” e per questo è “indispensabile un piano strategico di lungo periodo e investimenti certi per contrastare la povertà minorile e restituire fiducia e aspirazioni ai giovani”.
Inoltre, secondo una ricerca condotta dalla Caritas i nuclei familiari con bambini tra 0 e 3 anni in condizione di povertà assistiti dalla rete Caritas: il 58,5% ha difficoltà ad acquistare pannolini, il 52,3% vestiti per i bambini, il 40,8% il latte in polvere.